Fino al sedicesimo secolo si riteneva che la Terra fosse al centro dell’universo (modello geocentrico di Tolomeo). Dante, che pure era dotato di conoscenze non banali sul movimento apparente degli astri ed era conscio della sfericità della Terra, nella semplice struttura cosmologica della Divina Commedia aveva posto la Terra stessa al centro dell’universo: l’Inferno si trova così sotto la superficie terrestre, il Purgatorio si trova sulla Terra ma agli antipodi rispetto al Mediterraneo, ed il Paradiso si trova nei cieli: esso comprende la Luna ed i pianeti allora noti (da Mercurio a Saturno) e si estende oltre le stelle fisse, che erano considerate dei semplici punti luminosi stampate sulla "sfera celeste".
Nel corso del sedicesimo secolo Copernico propose un modello eliocentrico (in realtà già concepito nell’antichità dall’astronomo Aristarco di Samo), secondo cui il Sole si trovava al centro dell’universo e la Terra era un semplice pianeta che ruotava, come gli altri, intorno al Sole. Il frate e filosofo Giordano Bruno sostenne tale modello estendendolo a tutte le stelle, immaginando che esse fossero altri Soli come il nostro e che ciascuna stella fosse il centro di un sistema solare che includeva pianeti abitati: si trattava di una visione modernissima che gli costò la condanna al rogo da parte della Chiesa, anche perché nel suo furore romantico Bruno aveva spiritualizzato tutta la Natura giungendo ad una sorta di panteismo (tutte le cose sono divine).
Galileo, fondatore della scienza moderna, portò prove evidenti della validità del modello eliocentrico grazie alle sue osservazioni col cannocchiale, un nuovo strumento che egli aveva praticamente inventato o enormemente migliorato. Ad esempio egli scoprì quattro satelliti che orbitavano intorno a Giove, smentendo il principio secondo cui tutto doveva ruotare intorno alla Terra; ed osservò le fasi del pianeta Venere, simili alle fasi lunari, le quali dimostrarono la validità del modello eliocentrico di Copernico a scapito dell’antico modello geocentrico di Tolomeo.
Ma non fu solo la "rivoluzione astronomica" a cambiare il modo di vedere l’universo. Galileo infatti, con le sue ricerche di fisica elementare, fondò la scienza moderna. Osservando la superficie della Luna per mezzo del suo cannocchiale, egli si era reso conto che vi erano pianure (o "mari") e montagne che producevano ombre variabili a seconda della posizione del Sole. Così egli dedusse che i cieli non erano "divini" e "incorruttibili" come si era creduto fino ad allora, sulla base dell’antica dottrina del filosofo Aristotele (si ricordi che il Paradiso di Dante includeva la Luna, i pianeti e le stelle fisse!).
Sulla base delle sue osservazioni, Galileo immaginò che l’universo fosse regolato da leggi matematiche, che pur essendo di origine divina erano le stesse sia sulla Terra che nei cieli. Così egli iniziò a studiare il comportamento fisico dei cosiddetti "oggetti volgari", ovvero semplici oggetti materiali come sassi, palline, piani inclinati di legno su cui far rotolare le palline, o secchi d’acqua da cui filtravano gocce d’acqua che fungevano da cronometro rudimentale.Grazie ai suoi esperimenti, Galileo misurò l’accelerazione di gravità (egli iniziò lanciando oggetti dalla Torre di Pisa, almeno secondo la leggenda); scoprì l’ isocronia del pendolo (osservando i lampadari nel Duomo di Pisa); ed in generale evidenziò che il movimento ed il comportamento degli "oggetti volgari" era comprensibile e prevedibile in termini matematici.
Egli ebbe l’inestimabile merito di creare il metodo sperimentale o metodo scientifico: da un grande numero di prove particolari Galileo traeva delle leggi generali (metodo induttivo), da cui era poi possibile fare previsioni su altri casi particolari (metodo deduttivo).Ciò univa mirabilmente la sperimentazione empirica tipica degli ingegneri (ed in questo furono decisive le influenze di Leonardo da Vinci e del filosofo Francis Bacon) con il razionalismo degli antichi greci, che pretendevano di capire tutto con la ragione, senza preoccuparsi di verificare accuratamente le loro affermazioni per mezzo di esperimenti concreti (per questo non raggiunsero in fisica gli stessi risultati straordinari che avevano ottenuto nello studio della geometria). Galileo enunciò i primi principi fondamentali della fisica come il principio di inerzia o il principio di relatività (che tre secoli più tardi verrà generalizzato da Einstein).
Nacque così la fisica come scienza vera e propria, in contrapposizione alla fisica di Aristotele, basata solo sui suoi ragionamenti e sulle sue convinzioni e quindi di scarsissima validità. Occorre riconoscere però che alcune ricerche e scoperte dell’antichità meritano di essere considerate pienamente valide e scientifiche: è questo il caso degli studi di Archimede sulle leve o sul galleggiamento dei corpi, degli studi di Pitagora riguardo all’acustica, o di certi studi specifici di alcuni astronomi (anche se collocati in un erroneo sistema geocentrico).
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